OBAMA CHIAMA TURCHIA. RISPONDE EUROPA.

Barack Obama, 44° Presidente USA

Erdogan si è convinto ad accettare la nomina di Rasmussen a prossimo segretario Nato. L’opposizione del premier Turco sarebbe stata da ascriversi alla vecchia storia della pubblicazione delle vignette ritenute offensive per l’Islam pubblicate da un quotidiano danese. A Copenaghen inoltre, trasmetterebbe una TV in lingua curda, considerata da Ankara covo di indipendentisti del PKK. Un gioco di squadra: la mediazione di Berlusconi, le garanzie di Obama, le promesse di Rasmussen di prestare la massima attenzione alla sensibilità del mondo islamico.
Quest’ ultimo, forse per l’entusiasmo si sloga una spalla, si dimette da primo ministro e si prepara ad assumere il nuovo incarico. De Hoop Sheffer (segretario Nato uscente) avrebbe chiesto a Berlusconi di mediare in virtù delle relazioni di personale amicizia che lo lega ad Erdogan. Nell’ agosto 2003 Berlusconi fece da testimone di nozze per il figlio del primo ministro turco e i rapporti personali tra i due sono molto amichevoli.
La “diplomazia dell’amicizia” di Berlusconi ha sempre pagato, anche se spesso è stata negata e derisa. La familiarità con Bush e con Putin ha facilitato il ruolo dell’Unione Europea nella vicenda dell’ Ossezia del Sud. Le telefonate di Berlusconi a Putin hanno spianato la strada al successo dell’ intervento di mediazione di Sarkozy, allora presidente di turno della UE.
C’è da chiedersi però se la posizione di Berlusconi sia ora opportuna.
Il disegno è lampante. La Turchia vuole entrare in Europa, Obama vuole l’accesso alle basi militari Turche. Non dimentichiamo che questa confina, tra l’altro, con la Siria, Iraq ed Iran. Strategicamente un cuneo nel cuore dell’Islam. Già George Bush voleva le basi turche in previsione della II° guerra del Golfo, negategli da Erdogan il quale presentò delle richieste risarcitorie, politiche ed economiche, inaccettabili. La politica di Obama nei conflitti poco si discosta da quella del suo predecessore e non potrebbe, impostata com’è sui binari posti da Robert Gates, già segretario della difesa del governo Bush, riconfermato nell’incarico da Barack.
Una presenza di basi occidentali permetterebbe, inoltre, di garantire la sicurezza necessaria per il trasferimento delle risorse energetiche dalle aree del Mar Caspio verso l’Europa.
Ora Obama parte alla carica, offrendo quello che a rigor di logica non può offrire: l’ingresso in Europa. L’ipotizzato asse italo-franco-tedesco su questo fronte si sfalda e Berlusconi si smarca dalle posizioni contrarie dei due premier europei.
La tesi di Berlusconi è che l’ingresso della Turchia in Europa la occidentalizzerebbe maggiormente, creando un fronte d’opposizione all’islamismo integralista avanzante.
La turchia però, da anni non è più quella laica e illuminata di Ataturk, non solo non ha risolto il problema di Cipro ma continua ad applicare una feroce repressione nei confronti dell’etnia curda. Da ricordare il caso Ocalan, leader del PKK, l’intrigo internazionale, l’ imbarazzo dell’ allora governo D’Alema. La Turchia ancora oggi non ha riconosciuto le stragi del popolo armeno, è molto indietro riguardo alla concessione dei diritti civili e l’integralismo avanza con gravi episodi di intolleranza etnica e religiosa sempre più frequenti; basti ricordare l’omicidio di Don Andrea Santoro.
La laicità dello stato è sempre più edulcorata, garantita solo formalmente da un esercito sempre meno kemalista.
C’è da chiedersi se l’ingresso della turchia in Europa, invece di mitigare le spinte all’ integralismo, non possa piuttosto rappresentare una accelerazione alla islamizzazione europea.
Erdogan agita la carota dell’apertura delle basi agli USA, ma queste non potranno mai essere concesse per attaccare un Paese islamico. La popolazione insorgerebbe, come già fece per l’invasione di Israele a Gaza.
Cinicamente Obama pensa ai sui interessi, poco importa se da questi ne provenisse danno all’Europa. Berlusconi invece pensa a creare un legame con la nuova amministrazione americana, ad instaurare anche con Barack la “diplomazia dell’amicizia”, non avvedendosi del pericolo e concedendo troppo.
Forse nessuno gli ha comunicato che Obama è un democratico e un minimo di distaccata diffidenza sarebbe necessaria.

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