CONFRONTIAMOCI CON SERENITA’ – Intervista esclusiva di Freedom24 ad ANDREA VERDE, referente Pdl in Francia

Andrea Verde, PDL France

Andrea Verde, 44 anni, referente estero del PDL, vive in Francia e collabora con numerose testate quali “Italia Chiama Italia”, “l’Italiano”, il portale romano “l’Unico”, il giornale “La Provincia di Varese”, e “FareFuturoWeb”. Vicino alle posizioni finiane dalla svolta di Fiuggi del 1995 fino ad oggi.

Lei si trova in una posizione privilegiata per poter segnalare le diversità tra la destra francese e quella italiana, entrambe attualmente al potere. C’è qualcosa dell’azione di Governo di Sarkozy che, a suo avviso, sarebbe opportuno venisse adottata anche in Italia? Io ho molto apprezzato il richiamo del presidente Sarkozy alla “laicità positiva”, il rispetto cioè di ogni credo religioso, della dignità delle persone con lo Stato che però agisce e legifera autonomamente, senza subire pressioni o diktat di sorta. L’esempio è dato dalla fecondazione assistita: il Governo ha convocato gli Stati generali della Bioetica. Per mesi si sono confrontati serenamente, senza che nessuno si sognasse di fare crociate. Ora terminati gli stati generali, il Parlamento si appresta ad approvare un testo di legge entro l’anno. La legge sul fine vita esiste da tre anni, la Ru 486 viene distribuita nelle farmacie su semplice prescrizione medica e mentre in Italia il fronte anti-abortista agisce spesso a gamba tesa, in Francia vengono attuate politiche di effettivo sostegno alle ragazze madri e a coloro che vorrebbero praticare l’interruzione di gravidanza per ragioni economiche: ricordo anche che i Pacs esistono da diversi anni. Altro tema importante è l’integrazione: la Francia, forte delle sue tradizioni repubblicane, ha sempre privilegiato una reale integrazione nell’ambito del contesto repubblicano: vengono rispettate culture e tradizioni, ma vengono bandite le spinte identitarie e gli integralismi di sorta. Sarkozy ha condotto una lotta durissima contro ogni forma di estremismo, ma ha anche dato segnali importanti di apertura inserendo donne come Rachida Dati, Fadela Amara e Rama Yade nella compagine governativa.
Più in generale io invidio ai francesi il grande senso dello Stato, il prestigio internazionale di cui godono e la capacità di affrontare e risolvere i problemi senza farsi scavalcare dagli estremisti.
In Francia il Front National ha circa il 10% dei voti, un peso elettorale uguale a quello della Lega in Italia, ma è ininfluente nelle scelte governative.
La destra repubblicana di Chirac prima e di Sarkozy dopo, forte anche del sistema elettorale maggioritario, perderebbe le elezioni piuttosto che allearsi con Le Pen.

Eppure al di là delle buone intenzioni rimangono aperti i problemi delle ZUS (Zone urbane sensibili: sono i quartieri maggiormente degradati, con alte percentuali di violenza urbana e problemi sociali) e della difficile sinergia del mondo musulmano con la “Republique”. Non crede che gli islamici siano refrattari alle politiche dell’integrazione e che si possa correre il rischio, anche in Italia, di ritrovarsi con delle zone ghettizzate, di cui Mazara del Vallo potrebbe essere solo il primo esempio? Sicuramente il problema esiste. In Francia l’integrazione non è stata facile, ma va dato atto alla classe politica di aver tenuto un atteggiamento molto fermo. Prendiamo come esempio la legge Stasi voluta da Jacques Chirac, per impedire l’ostentazione dei segni religiosi nei luoghi pubblici e le prese di posizione di Sarkozy contro il velo integrale. Queste iniziative hanno il merito di emancipare tante donne prigioniere dei vincoli identitari ed hanno trovato l’opposizione degli islamici più integralisti che si sono appellati ad una generica libertà di culto.
Tempo fa una componente integralista manifestò contro il governo francese che si era espresso contro la pratica dell’infibulazione, vigente nel Mali. La Francia ha sempre respinto il relativismo multiculturale ed ha sempre imposto i valori repubblicani a tutti quelli che vogliono far parte della comunità nazionale.
In Inghilterra ed in Germania vigono principi diversi: là esiste il comunitarismo. La comunità musulmana fa vita a parte e mantiene le sue tradizioni più retrive. In Inghilterra un uomo può chiedere ad un ospedale che la propria moglie non sia visitata da un dottore di sesso maschile, in Francia no. In Inghilterra nessuno si sognerebbe di impedire il velo integrale e sempre in Inghilterra sono tollerati i tribunali sharatici che dirimono piccole controversie che sorgono all’interno della comunità islamica.
L’Italia deve decidere quale modello adottare: io propendo per il modello francese, ma questo implica il superamento di retaggi culturali e di pregiudizi ed implica una grande cultura repubblicana.

In Francia è stato imposto pure un rigido controllo sul finanziamento delle Moschee ed è stato istituito un organismo rappresentativo (il Consiglio del Culto Musulmano), con un registro degli imam e con l’obbligo per gli stessi di svolgere le loro funzioni in lingua francese.
Nella recente polemica sulle moschee, innescata proprio da Fini, non trova forse che alcuni aspetti delle vostre posizioni – favorevoli alle costruzioni delle Moschee – siano stati spiegati in termini troppo sintetici, anzi polemici e che manchi per il momento in Italia, un unità nel mondo islamico che permetta di trovare un interlocutore rappresentativo e riconosciuto con il quale intavolare simili argomenti?
Sarkozy si è battuto per arrivare ad ottenere il registro degli Imam e per controllare la provenienza dei finanziamenti delle moschee: il timore è che possano giungere, dai paesi arabi, finanziamenti dalle correnti salafite, le più radicali. Sarkozy si è detto pure pronto ad una sovvenzione statale a precise condizioni tra cui l’obbligo, per gli Imam, di svolgere le loro funzioni in lingua francese. Il problema dell’unità del mondo musulmano in Italia è stato sollevato dalla deputata finiana del Pdl Souad Sbai che ha suggerito di seguire il modello francese. Certo la strada è ancora lunga. Per quanto riguarda Fini, egli ha fatto notare che i musulmani hanno il diritto di esercitare le loro funzioni in luoghi adatti e non in fatiscenti sottoscala. Ha anche espresso le sue riserve sul referendum anti-minareti che si è svolto in Svizzera. Aiutare i musulmani ad integrarsi nel nostro Paese è interesse di tutti, sopratutto per chi vuole tagliare le ali all’estremismo. Non scordiamoci che Souad Sbai ha subito minacce di morte da parte degli integralisti….

Innegabilmente vi sono degli attriti nell’area del PDL e una cospicua parte del partito sembra allergica alle vostre posizioni. Da una parte Vittorio Feltri, dall’altra Filippo Rossi. Non crede sarebbe il caso di trovare un metodo e degli spazi – oggi assenti – per un confronto più costruttivo ed equilibrato e quali potrebbero essere? Su Vittorio Feltri vale quello che scrisse a suo tempo Eugenio Scalfari: “la punizione peggiore per il grande Indro Montanelli, sarebbe quella di vedere da lassù il suo Giornale diretto da Vittorio Feltri”.
A Filippo Rossi va dato atto di aver avuto il coraggio di dare spazio a posizioni critiche sui temi etici e sulla legalità. Penso che Fare Futuro abbia una sua utilità nello sviluppare la coscienza critica del centro-destra.
Ora il problema vero è di potersi confrontare liberamente, senza incorrere in diktat o paventare scissioni.
Il Pdl ha bisogno degli spunti critici dei vari Della Vedova: le battaglie di Fare Futuro sui temi etici, sono maggioritarie nel Paese, come lo furono le battaglie radicali su aborto e divorzio.
Non a caso il Presidente Berlusconi, sempre attento ai sondaggi, si è ben guardato dal seguire la lega sul terreno scivoloso della lotta contro la Ru 486.
Un partito che punta al 40% dei voti, non può essere dominato dal pensiero unico, come fossimo il Partito Comunista.
Impariamo a confrontarci con maggiore serenità, smussando magari gli angoli, con il fine di fare avanzare il partito ed il Paese.

Pubblicato su Freedom24
6 aprile 2010

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